CASE EDITRICI: WELCOME TO THE JUNGLE

CASE EDITRICI: WELCOME TO THE JUNGLE

Autore: Stefano Luigi Cantoni

Per chi, come il sottoscritto, la scrittura non è solo terapeutica ma costituisce una vera e propria necessità fisica, uno dei problemi più frequenti è rappresentato da due paroline all’apparenza accomodanti ma che, sotto sotto, nascondono un mondo assai complesso: case editrici.

Il sogno si sta per compiere, le vostre emozioni presto diverranno una profumata unione di carta e inchiostro che chiunque potrà stringere tra le mani, nella penombra della propria camera o nella luminosa quiete del proprio studio.                                                                                                 Basta solo scegliere la casa editrice e il gioco è fatto.

Ora, in Italia ci sono grosso modo tre tipologie di editore: piccolo, medio, grande. (Anche se in realtà il mercato propone una svariata gamma di sommersi ed emersi, case editrici che navigano all’ombra di altre, ma questo è un altro paio di maniche…). 

Tornando a noi, la giungla degli editori vede alla base il piccolo editore che, spesso, non ha sufficienti risorse economiche per strutturarsi e tira a campare, o meglio annaspa, soprattutto per passione. Di tutti, idealmente, è il più puro, il più vero. É quello che ci crede, è colui il quale, ergendosi a invalicabile e incorruttibile baluardo del libero pensiero, arriva quasi a pagare di tasca propria gli autori. Peccato che sia, per ovvi motivi, anche il meno diffuso, destinato a scomparire, affogato ormai da debiti, mancati rientri e anticipi richiesti per garantire le pubblicazioni. Strada difficilmente percorribile.

La media editoria, fetta ben più ampia, rappresenta il vero “mare magnum” in cui ogni scrittore emergente si trova, volente o nolente, a dover sguazzare. Un mare mosso, attraversato da correnti fredde e insidiosi mulinelli intervallati qua e là da felici e soleggiate isole di pace. Le case editrici appartenenti a questo gruppone puntano, per stare in piedi, ai numeri. Attenzione, quando parliamo di numeri ci riferiamo non solo alle copie vendute, ma proprio al numero di scrittori o sedicenti tali che l’editore di turno pone sotto contratto. 

Capita così di incappare in case editrici che uniscono generi diversi, stili differenti, basta che il libro-merce sia leggibile. Risultato: accanto a un giallo troveremo la storia della casalinga di Voghera, accanto al fantasy le riflessioni di un cinquantenne suonato. Ecco, ora, concedetemi almeno di poter insinuare che questa politica non mi convince, anche e soprattutto per il fatto che svaluta il vero fulcro di tutto il processo editoriale: lo scrittore.

Le isole felici esistono, nella media editoria, ma in quanto tali sono difficili da scovare e, nondimeno, assai rare, distribuite qua e là in mezzo a tanta ben mascherata mediocrità. Pseudo scopritori di talenti che a malapena correggono le bozze, sedicenti ex scrittori che, pur di far cassa (il libro è un prodotto, stampiamocelo bene in testa) pubblicano ogni qualsivoglia porcheria. Insomma, occorre pazienza, metodo, ricerca per riuscire a trovare l’editore che pubblica e crede davvero nel genere che scriviamo, dedicandogli il giusto valore e tempo (ossia denaro.)

Dulcis in fundo, restano le “big”, di cui non facciamo i nomi ma che tutti conosciamo. Le grandi case che riempiono gli scaffali di librerie, supermercati, centri commerciali, dominando in lungo e in largo ogni store fisico e digitale. Sfatiamo subito una falsa credenza: alle grandi case editrici oggi non interessa particolarmente il fenomeno da 2 milioni di copie (di quello ce n’è circa uno all’anno, poco più, e già lo hanno lumato da tempo). Agli squali dell’editoria interessa un’altra cosa, in primis: accaparrarsi i diritti di traduzione dei best sellers. Già. La guerra, ormai, è sul diritto a portare nel Bel Paese gli “spaccaclassifiche”, facendo possibilmente sgarbo alla concorrenza la quale, tolto qualche nome di livello, dovrà ripiegare sulle pseudo eccellenze della media editoria, tornando a pescare nel sopradescritto “mare magnum”. 

Leggendo questa disanima starete abbandonando l’idea di farvi pubblicare da un editore, e, per quanto comprensibile, vi dico che sbagliereste. Sotto la coltre di fumo che annebbia la facciata dei palazzi editoriali, ci sono ancora persone che nella lettura e nella scrittura credono fortemente, facendone una vera e propria mission. In mezzo a tanta vaporosa e confusa nebbia, stretti fra crocevia caotici di promesse mai mantenute e editing mai fatti, dietro l’ultima fangosa curva potrebbe nascondersi la vostra isola felice che, dopo la sudata e snervante ricerca, potrebbe dipingere un sorriso leggero sul vostro volto, conferendo valore umano e letterario a voi e al vostro “figlio di carta.”