Autore: Lorenzo Grazzi
Da qualche settimana non possiamo accendere la tv senza trovarci davanti un trattore: trattori in tangenziale, trattori nel grande raccordo anulare, trattori nelle piazze, trattori persino a Sanremo.
Ma che vogliono questi?
Come spesso accade le cose sono più complicate di come i media (e la politica) cercano di proporci.
Partiamo da una considerazione basica e tragica: quello che mangiamo non esiste in natura. Che siate vegani, vegetariani, frugivori, carnivori, pescivori o qualunque altra cosa vi venga in mente, il vostro apparato digerente non vede (e forse non ha mai visto) prodotti creati da Madre Natura.
Le moderne tecnologie hanno permesso di modificare geneticamente ogni tipo di pianta, ma le cose sono cominciate ben prima di quello che si possa pensare.
Nell’Ottocento, Nazareno Strampelli, genetista e agronomo italiano, ha realizzato circa 800 incroci tra diverse varietà dando vita a 65 nuove tipologie di piante da frumento, tra le quali l’Ardito, il Carlotta, il Mentana e il Senatore Cappelli.
Perché l’ha fatto? L’industria aveva bisogno di prodotti standardizzati che si adattassero alle moderne macchine agricole e non c’era niente di meglio di piantine tutte uguali, che crescessero ad altezze limitate per non essere piegate dalle intemperie e che aumentassero la loro resa produttiva.
Il mondo stava cambiando e l’agricoltura doveva stare al passo.
Oggi sembra impossibile immaginare che quello che abbiamo nel piatto un secolo fa non esisteva. Sì, perché poi la cosa è sfuggita di mano e dai cereali si è passati ai legumi, alla verdura, alla frutta. Prodotti standard perché quando facciamo la spesa vogliamo vedere quelle belle mele lucide e perfette, perché le zucche devono essere tutte uguali e l’insalata deve sorriderci dalla busta.
Ma il mondo continua ad evolvere e oggi all’agricoltore si chiede sempre di più: e allora pesticidi, concimi chimici e terreni sempre più piccoli che producano sempre di più.
L’UE si è un po’ accorta che questo livello di crescita non è che sia sostenibile ancora a lungo e ha chiesto agli agricoltori di ridurre l’uso di sostanze chimiche. Apriti, oh cielo!
Gli agricoltori sono impazziti perché senza quell’aiutino, quella sorta di Viagra campagnolo, i terreni ormai resi sterili dall’abuso non sono in grado di produrre un bel niente.
Allora gli alimenti che sono alla base della nostra alimentazione devono arrivare dall’estero e il loro controllo è difficile.
Da qui si passa rapidamente alla bagarre con gli agricoltori che ci fanno sapere che se loro non producono siamo destinati a mangiare insetti e carne sintetica (come se esistessero sementi non modificate geneticamente: sapevate che il 99% dei semi distribuiti agli agricoltori genera piantine con frutti sterili? Perché? Perché, se si vuole produrre, ogni volta i semi vanno riacquistati con tanti saluti ai nostri nonni che tenevano i semi dei pomodori per piantarli l’anno successivo).
Il cane finisce col mordersi la coda in questa battaglia tra UE e agricoltori che farebbe ridere se non fosse tragica: in pratica si manifesta per avere il diritto di continuare ad avere cibo di pessima qualità.
Carne sintetica (che sintetica non è) non se ne parla! Insetti, ma non scherziamo!
Noi vogliamo solo ortaggi e cereali modificati con gli incroci come si faceva una volta!
Che importa se per ottenerli abbiamo bisogno di pesticidi che poi inquinano le falde e sono responsabili di una buona dose di malattie croniche?
Che importa se il terreno diventa sempre più arido (si stima che l’Emilia-Romagna diventi un deserto nei prossimi cinquant’anni non a causa del cambiamento climatico ma dell’incapacità produttiva del terreno)?
E allora prendiamo i trattori e protestiamo! Perché nessuno deve permettersi di cambiare (o tentare di cambiare) le nostre cattive abitudini!