Autore: Antony Russo
È passato qualche mese da quanto accaduto in Emilia-Romagna ed ancora oggi percorrendone le strade non posso che notare i segni del disastro semi – scampato.
Una delle cause principali, corresponsabile almeno al 50% (per essere buoni) è il comportamento umano. Noi sciocchi bipedi con quella boriosa presunzione di essere padroni di quanto ci circonda.
Il nostro egocentrismo, del resto, continua a dilaniare tutto (si passa dalla vita del singolo animale o anche della pianta che ci sentiamo liberi di strappare per gioco alla distruzione di interi habitat ed ecosistemi): l’importante è la nostra sopravvivenza.
Quindi possiamo sbattercene altamente di quanto ci circonda o di qualunque cosa si tratti tranne noi?
Dove sta la nostra umanità? Concetto quest’ultimo che dovrebbe richiamare alla mente (o almeno questo è il significato che si rinviene nel dizionario) sentimenti di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza. Ma queste caratteristiche non sembrano aver nulla a che fare con le persone, che pare se la cantino e se la suonino da soli attribuendosi da sé tali connotazioni.
Ad oggi credo sia meglio essere bestie piuttosto che umani (naturalmente sto volutamente facendo di tutta l’erba un fascio. La dimostrazione di quanta solidarietà si riesce a tirar fuori a volte è quasi commovente, come del resto dimostrato proprio durante e all’indomani del disastro visto in Emilia-Romagna).
Quante volte ci capita di uccidere anche un semplice insetto perché se ne ripugna la vista, asserendo quale giustificazione di non voler vedere a “Casa Nostra” simili bestiacce? Come se loro potessero conoscere il nostro concetto di proprietà.
Abbiamo creato delle regole per garantirci una civile convivenza e pecchiamo tanto di presunzione da pretendere di farle valere nei confronti di tutto il creato. Tant’è che ci sentiamo liberi di decidere se qualsivoglia essere debba o meno morire, persino per un sentimento futile quale il ribrezzo.
Ogni tanto mi piace ripetermi come mantra quanto sostenuto da Mahatma Gandhi: “La grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere giudicati dal modo in cui i suoi animali sono trattati”.
Noi non siamo padroni di nulla. Conviviamo con altri. Non abbiamo l’obbligo di non estinguerci, anzi. Per come ci stiamo comportando ogni giorno, sarebbe forse bene che fossimo i primi a farlo (naturalmente ci sono anche delle eccezioni, come vedremo). Condividendo la vita su questa terrà, dovremmo muoverci con discrezione, rispetto e, soprattutto, gratitudine.
Ma facciamo tutt’altro.
Conduciamo esperimenti su animali per testare i cosmetici, devastiamo boschi per fabbricare carta, inquiniamo fiumi, mari, terreni. Persino l’area che respiriamo abbiamo reso tossica.
Ma non divaghiamo e arriviamo al nocciolo della questione che mi preme qui evidenziare.
Accade troppo spesso quanto siamo in macchina di non prestare attenzione all’eventuale presenza di esseri viventi sul nostro cammino. Schiacciamo quel pedale padroni della strada che percorriamo. Perché dovremmo preoccuparci di chicchessia se abbiamo fretta?
I nostri impegni sono ovviamente più importanti della vita di quel povero animale che si arrischierà ad attraversare incauto la strada. Non abbiamo alcuna colpa, no?
Accettiamo il rischio succeda e qualora si verifichi l’evento, non si ha nemmeno l’accortezza di prestar soccorso.
Le sento nella mia mente le risposte: “Faccio tardi!! E poi è un animale, no? Magari uno di quei topacci che odio tanto. Meglio, uno in meno”.
Qualche giorno fa mi sono trovato tra le mani un libro, molto particolare.
In realtà lo avevo adocchiato già anni fa. Mi aveva incuriosito, ma non avevo mai avuto l’occasione di scorrerne le pagine.
A distanza di tempo, avendo adottato tra l’altro un riccio africano, Malefica (di cui ho parlato qualche articolo fa), mi sono ritrovato ancor più incuriosito e ho deciso di comprare “25 Grammi di Felicità”, grazie al quale ho conosciuto la formidabile storia dell’autore, il Dottore Veterinario Massimo Vacchetta, il quale proprio dopo aver conosciuto la piccola Ninna, una femminuccia di riccio europeo di appena 25 grammi, decideva dopo varie vicissitudini di aprire un centro dedicato a questo particolare animale, al fine di aiutare tutti gli esemplari in difficoltà, arrivando a salvarne alcuni in situazioni davvero drammatiche.
Non ha sicuramente il temperamento da Supereroe, ma le sue gesta lo sono. Traspare dalle sue pagine quell’umanità di cui il dizionario ci fornisce la nozione (ma che appare così difficile da ritrovare), giacché è proprio il dolore provato nel vedere il riccio di turno falciato dalla macchina o dal tosaerba ovvero semplicemente malnutrito o infreddolito, a muoverlo a darsi “da fare” fino a sacrificare nottate intere di sonno pur di operare o assistere al meglio.
Seguendo il centro “La ninna” non ci si può che commuovere (come del resto è avvenuto durante la lettura del libro) nel vedere l’organizzazione di staffette per recuperare ricci falciati per strada, o feriti da tosaerba ovvero semplicemente denutriti a causa della riduzione considerevole di insetti dovuta all’insetticida). Qualche lacrima scende quando quei piccoli esserini riescono miracolosamente a sopravvivere ovvero quando, dopo una lotta estenuante del loro debole cuoricino, nonché gli sforzi del Dott. Vacchetta, si spengono.
Spero che in quei pochi istanti possano riuscire a vedere l’amore profuso per loro e possano arrivare a scusarci per la nostra bestialità. Quelle cure amorevoli, sebbene proferite da autori diversi da coloro che li hanno feriti, auspico possano riscattarci e ci consentano di poterci specchiare in quegli occhietti dolci, senza alcuna vergogna.